Come prima icona di stile abbiamo scelto Maria Luisa Frisa, personaggio capace di raccontare la moda in maniera sempre originale, grazie ad una visione precisa sullo stile.
Laureata in Storia dell’Arte presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze, nel 1984 Maria Luisa Frisa fonda con Stefano Tonchi la rivista ‘Westuff’, che poi diventa ‘Emporio Armani Magazine’, ancora oggi fonte di ispirazione per chi si occupa di creatività di moda. Oggi dirige il Corso di Laurea in Design della Moda presso la Facoltà di Design e Arti di Venezia (IUAV). Collabora con “L’Espresso”e ‘”Domus”, è curatore di mostre di moda, nel 2004, con Stefano Tonchi,ha ideato il libro e la mostra “Excess. Moda e underground negli anni Ottanta” alla Stazione Leopolda di Firenze e con Raf Simons e Francesco Bonami la pubblicazione “Il Quarto Sesso. Il territorio estremo dell’adolescenza”. E’ una delle figure italiane più importanti e a livello internazionale legate alla creatività di moda. Con il suo stile fortemente personale e non influenzato dai trend passeggeri, con il suo taglio di capelli un po’ punk, con la passione per i bracciali che indossa sempre, ma ci sembra il personaggio ideale per iniziare questa rubrica.
Partiamo dal suo stile: quali sono gli elementi che lo contraddistinguono?
Direi da una parte la più completa libertà nel mescolare le cose, evitando di apparire vestita in fotocopia con la moda del momento. Dall’altra la mia passione per collane, bracciali, anelli e orecchini e anche spille, che compro ovunque o che mi faccio fare, che mescolo senza nessuna gerarchia e in modo caratterizzante. Senza dimenticare mai l’autoironia. Quello che purtroppo manca spesso a quelli della moda è un sano sense of humor!
Come si è modificato il suo look negli anni?
è una lunga storia. Ho sempre amato la moda e l’ho sempre guardata con attenzione. La moda è stata una parte importante nella mia definizione.
Ha assecondato il mio spirito ribelle e insofferente, così l’abito mi è servito per affermare la mia personalità, ma anche la mia differenza. Direi che nel tempo il mio stile è diventato più sintetico.
Si è chiarito e definito anche nell’accettazione del tempo che passa.
Ma diciamo che, pur con continue messe a registro, nella sostanza è rimasto invariato. Una punk messa alla prova dallo stile italiano.
Quali sono i capi a cui è più affezionata?
Sono schiava delle scarpe che secondo me sono fondamentali nel dare giusto risalto e proporzione a quello che indossi.
Diciamo che sono legata agli elementi caratterizzanti, quelli che possono diventare solo tuoi, come ad esempio i miei braccialetti portati in grande quantità.
C’è un episodio in particolare legato ad un abito che vuole condividere con noi?
Avevo visto la collezione “Abstract Excellence” del 2004 nel negozio di CdG a New York. Mi piaceva moltissimo, ma non avevo avuto nemmeno il tempo di provarla. Poi io non porto gli abiti nella stagione di uscita. E non sono nemmeno quella che si precipita alle svendite, purtroppo non ho mai tempo.
Gli abiti però si muovono, hanno una loro vita autonoma. E io li aspetto.
Di solito sono loro che mi vengono incontro, così due anni dopo trovo la gonna, quella meravigliosa con le volute in un outlet a Milano a pochissimo, mentre tre mesi dopo a Parigi ai super saldi del Bon Marché trovo la giacca con la coda. Una bella soddisfazione! A proposito: i due pezzi non li porto mai insieme, ma sempre in inaudite congiunzioni. La giacca con le code mi piace metterla con una gonna ampia e rigida di Marras.
Icone di riferimento personali? C’è mai stata una figura della quale ha invidiato/ammirato in particolare lo stile?
Non sono una icon victim e perseguo un mio personale progetto. Guardare quello che tutti gli altri guardano non da nessuna soddisfazione. E, soprattutto, è di una noia mortale.
Parliamo del sistema moda e della moda più in generale: chi è veramente influente ora nel fashion system?
Il fashion system in questo momento non sta troppo bene. Superato, e stancamente ripetitivo, con protagonisti che sembrano la caricatura del sarto o dello stilista, ma anche del giornalista di moda.
Sarà influente chi riuscirà a proporre nuove strategie e nuovi comportamenti. E sarà capace di gesti radicali e coraggiosi.
Chi capirà che oggi quello che conta è la qualità del progetto e il lusso dei valori.
Quali designer, del presente o del passato, ritiene siano stati più importanti e influenti?
Ci sono dei protagonisti in grado di cambiare il punto di vista e le regole del gioco. Capaci di aprire una strada su cui poi gli altri si incamminano. Autori imprescindibili sono Coco Chanel, YSL, ma anche Giorgio Armani, velocissimi nel registrare i cambiamenti della società e farli diventare abito.
In tempi più recenti sono affascinata da autori come Raf Simons, Hedi Slimane che hanno dato nuova silhouette all’uomo. Come penso che CdG sia come un caleidoscopio dove moltissimi trovano sempre una forma nuova da guardare e da copiare. Ancora sono affascinata dall’incredibile risonanza di Balmain e di come ha obbligato gli altri a seguirlo senza fiatare. Coma ancora penso che Prada sia unica nella sua capacità di concettualizzare e forzare l’immagine borghese e portarla al limite e alle estreme conseguenze. Con la linea maschile invece, ha messo in discussione il concetto di mascolinità e l’ha portato nel territorio accidentato dell’identità di genere. Bisogna però guardare sempre gli indipendenti, sono loro quelli che rischiano e cercano nuove strade da percorrere.
Qualche nome per il futuro?
A me piacciono molto gli italiani delle ultime generazioni. Obbligati a misurarsi ancora con le regole di un vecchio sistema che parla tanto bene dei giovani e si perde in operazioni di beneficenza comunicativa, per avere la libertà di non fare quello che sarebbe veramente giusto fare.
Loro lavorano portando avanti quel carattere italiano, fatto di forme messe alla prova dai materiali, di sartoria e produzione, che danno sempre risultati straordinari.
Penso a quelli che hanno aperto la strada come Giambattista Valli o Riccardo Tisci, poi Aquilano Rimondi, Albino, Francesco Scognamiglio e poi Gabriele Colangelo, i Leitmotiv, Carlo Contrada, Sara Lanzi.
Secondo lei il sistema moda aiuta i giovani stilisti?
Credo che i nuovi stilisti non si aiutino solo con il proliferare dei concorsi. Si aiutano smettendo di chiamarli giovani con tono paternalistico e dandogli un collocazione buona nei calendari delle sfilate.
Si aiutano aiutandoli ad assumersi le proprie responsabilità.
In generale ci si veste più per se stessi o per gli altri? E’ ancora forte il potere di seduzione di un abito?
Ci si veste per se stessi, pensando agli altri. Un bell’abito sarà sempre seducente. Concordo pienamente con George Orwell quando scriveva che: “Potete avere in tasca tre mezzi pence ed essere privi di qualunque prospettiva al mondo, ma nel vostro vestito nuovo potete starvene sull’angolo della strada, sognando ad occhi aperti di essere Clark Gable o Greta Garbo”.