Il desiderio di immergermi nell’universo pop, plastico, erotico con ironia, colto e leggero di Fiorucci mi ha spinto a fare a Roma/Venezia andata e ritorno in giornata, in una calda giornata d’agosto e coinvolgere anche Michele e Francesco, due amici incuriositi dai miei racconti. Ma l’idea di non riuscire a vedere la mostra “Epoca Fiorucci” era difficile da affrontare e così ho fatto. La mostra sarà ancora visitabile fino al 6 gennaio 2019 a Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna, quindi avete ancora tempo.

Sonno, il treno per inciso era alle 6.15, e caldo – tanto – sono scomparsi appena uscito dalla stazione di Venezia Santa Lucia perché quello spettacolo architettonico che hai di fronte già rende tutto meraviglioso. Ma parliamo della mostra che è il motivo che mi ha spinto a fare il turista per un giorno.

La retrospettiva vuole ricostruire un’epoca, una rivoluzione del costume – quella del rock, delle ragazze yè-yè, dei figli dei fiori, dell’opposizione al gusto borghese – di cui egli è stato al tempo stesso straordinario interprete e acuto artefice e anche mettere in luce un arcipelago di legami, relazioni, di esperienze uniche.

Dal primo negozio in Galleria Passarella a Milano del 1967 disegnato da Amalia Del Ponte  a quello sulla 59th Avenue di New York del’76 che diventa non solo uno store coloratissimo ma un vero punto d’incontro, un hub culturale che è frequentato da Andy Warhol, Truman Capote e una giovanissima Madonna, che terrà il suo primo concerto nell’83 allo Studio 54 proprio per i quindici anni di attività di Fiorucci.

Negozio in cui passò anche Loredana Bertè come ha raccontato in un’intervista a “Rolling Stones Italia” e a “Che tempo che fa”di Fabio Fazio: “Ero nel negozio di Fiorucci, sulla 53esima e arrivò Warhol, che all’inizio mi scambiò per una cameriera. Mi chiese un caffè, io mi prestai al gioco e glielo preparai. – poi racconta – Nei giorni successivi, poi, Warhol doveva organizzare una mega festa alla Factory e Fiorucci gli suggerì di chiedere a me una mano, perché, oltre che rockstar, da buona italiana avrei anche potuto cucinare per tutti. – e la Bertè conclude – Così feci, e in cambio Warhol mi disegnò la copertina dell’album e girò per me pure il video di Movie! Non l’ha fatto con nessun altro artista italiano, capisci?“*

Questa dichiarazione della Bertè fa capire quanto Elio Fiorucci non era solo uno stilista ma un artista, un amante dell’arte, dell’architettura, un comunicatore, un punto di riferimento.

Il suo era sì un prodotto di mercato ma era un prodotto che per la sua natura leggera, ironica, colorata, esagerata e decisamente fuori qualsiasi contesto creava con il cliente finale un rapporto di fiducia, di amicizia.

Oggi soprattutto per le nuove generazioni non è facile comprendere quanto le sue scelte furono scelte d’avanguardia, centrali per una rivoluzione estetica e non solo.

L’incontro con Oliviero Toscani, l’amicizia e l’affinità tra loro, ha permesso di creare delle campagne che andavano oltre il semplice messaggio pubblicitario ma non tradivano mai l’intento per cui erano state pensate: erano un messaggio pubblicitario!

Per questo non è un azzardo accostare il nome di Fiorucci a quello di Duchamp e pensare alle sue intuizioni e ai suoi negozi come territori di una nuova avanguardia.

Oggi siamo “abituati” ai grandi architetti o ai nomi del mondo dell’arte che collaborano o dialogano con il mondo della moda –  l’esempio più famoso e la decennale collaborazione tra Prada e Rem Koolhas partendo dal negozio di New York del 2000 fino alla (magnifica) sede della Fondazione Prada di Milano – ma lui fu uno dei primi a creare questa fusione quando chiese a Keith Haring di occuparsi del restyling dello store di milanese e che divenne così una sua istallazione permanente e temporanea al tempo stesso.

Quando si arriva nel salone principale del palazzo affacciato sul Canal Grande ci si imbatte in quello che Fiorucci avrebbe definito “caos ordinato”.

Il caos è dato dal colore, abiti, manifesti, dai suoi putti, dai quadri, da quel mercato di oggetti che messi tutti insieme raccontano nel loro caotico silenzio chi era Elio Fiorucci che tipo di società immaginava e da dove venivano le sue influenze.

Le vetrate sono coperte da grandi teli di plastica gialla trasparente che rende la luce della sala calda e avvolgente e che esaltano ancora di più i grandi Neon colorati e spudoratamente anni ’80 che corrono sul soffitto.

La seconda sala è dedicata alle immagini e ai ricordi delle persone che hanno lavorato con lui, e lì tra una foto di Warhol e altre immagini senza tempo ho avuto un momento di meraviglia nel rivedere insieme (Elio) Fiorucci, (Ottavio) Missoni e (Franco) Moschino concorrenti nella versione vip di “Zig Zag” di Raimondo Vianello. Sui tavoli sono raccolti gli oggetti più vari prodotti e venduti da Fiorucci in tutto il mondo, per oltre trent’anni.

Gli arredi del negozio di Venezia ricreano, nella sala Fiorucci e gli architetti, l’atmosfera dei punti vendita di tutto il mondo progettati da Sottass Associati, Aldo Cibic e Michele De Lucchi.

E poi alla fine del percorso si può dare sfogo alla propria creatività realizzando la propria idea di abito Fiorucci attraverso tre figurini messi a disposizione e che poi compongono un wall pop e gioioso un modo diverso per lasciare un proprio ricordo e in qualche modo dire cosa tutto quell’universo creativo ti ha scatenato.

Se non volete fare come me tutto in un giorno prendetevi una stanza, fatevi ospitare dalla zia, trovatevi un amante veneziano, insomma fate come volete l’importante è che non vi perdiate questa esplosione di Pop Culture e di storia della moda italiana.

*fonte della dichiarazione di Loredana Bertè: Il Sussidiario.net

A proposito dell'autore

Secondogenito e gemelli: questo la dice lunga sul mio carattere. “Ottantologo”, Pop addicted, nel corso degli anni ho collaborato con diverse testate, tra cui L@bel, Progress e Aut. La moda è la mia passione più grande perché è cultura, è visione sociologica della vita e del mondo. Freitag addicted le vorrei avere tutte. La Rete è la mia seconda casa. Sono dieci anni che il mio avatar è Psikiatria80, nome del mio primo blog, ma anche di tutti i miei profili sui tanti social network.

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