L’Istituto Centrale per la Grafica di Roma ospita MAGMA, Il corpo e la parola nell’arte delle donne tra Italia e Lituania dal 1965 ad oggi, un progetto espositivo curato da Benedetta Carpi de Resmini e Laima Kreivyté.
Il progetto MAGMA nasce da un’idea di collaborazione italo-lituana, grazie all’impegno dell’Ambasciata Lituana a Roma e del Lithuanian Council for Culture e ha debuttato con una mostra presso la Galleria Nazionale di Vilnius lo scorso anno.
Raccoglie opere di artiste attive in Italia e Lituania dal 1965 a oggi. Un progetto che parla di femminismo, come denuncia anche il titolo: magma infatti è la materia incandescente che bolle nei visceri della terra ed è anche un gioco di lettere tra MA-MA madre e G, fulcro della sessualità della donna.
Un progetto che nasce dalla necessità di mettere a confronto due mondi, quello occidentale e quello est-europeo per scrutarne modi e ragionamenti, per dare un punto di vista inaspettato. Donne che parlano di donne. Donne che parlano di loro stesse, finalmente, e lo fanno con la lingua universale dell’arte.
Anni e culture diverse ma stessa esigenza: quella di esprimersi, di affermare un’identità ancora troppo spesso negata. In un sistema ripetutamente pervaso di maschilismo, le artiste utilizzano anzitutto il corpo come strumento politico e come mezzo di espressione.
Le artiste in mostra sono donne militanti, che attraverso l’atto della creazione artistica si prendono uno spazio culturale e politico tuttora negato. In questo ragionamento espositivo immagini, segni, parole, performance si compenetrano per far uscire fuori un’arte totale che richiede rispetto, apertura e riflessione.
Ne ho parlato con Benedetta Carpi de Resmini.
La mostra è stata già in esposizione in Lituania. Come è andata?
Era una mostra diversa da quella italiana, c’erano meno opere italiane esposte per motivi di budget, era chiaramente l’inizio di un progetto che si completa con questa mostra romana. Nonostante questo a Vilnius abbiamo allestito una mostra molto estesa, che coinvolgeva proprio tutti gli spazi della Galleria Nazionale.
C’è stata una grande risposta da parte della critica ma quello che mi ha colpita è stata l’accoglienza delle opere italiane da parte delle stesse artiste lituane, che è stata di grande apertura e stima.
In particolare c’è stata un’artista, Paulina Pukytè, che ha voluto dedicare una poesia a Mirella Bentivoglio per il catalogo della mostra italiana; abbiamo deciso di onorare questo attestato di stima e esporre la poesia accanto all’opera di Bentivoglio.
Il corpo della donna è attualmente un territorio politico fortemente “conteso” e spesso strumentalizzato. Crede che l’arte possa ancora contribuire a una piena liberazione?
L’arte ha un ruolo fondamentale, in quanto permette alle artiste di esprimersi oltre le barriere politiche, oltre i confini. Il corpo inoltre è necessariamente un mezzo espressivo, soprattutto per la donna, che ha questa fisicità evidente, la donna è procreatrice e portatrice di vita e questo è l’elemento che ci contraddistingue.
Che differenze ci sono tra femminismo italiano e quello lituano?
Anzitutto un forte scarto cronologico. Il femminismo lituano -e più in generale dell’est europeo- è un fenomeno più recente che prende le mosse solo dopo la caduta del muro di Berlino e si sviluppa verso la fine degli anni Novanta. Nella cultura dell’ex unione Sovietica la donna non aveva libertà di esprimere e affermare una propria opinione.
Nella società il suo ruolo era inserito nella catena lavorativa industriale, era lavoratrice, era un numero. A questo si aggiunge che. A differenza dell’Unione Sovietica, la Lituania è fortemente cattolica e questa forte educazione cattolica comprimeva la libertà femminile. A un livello visivo e artistico l’elemento eclatante è che le artiste lituane sono molto più fisiche, più legate all’espressione e al linguaggio del corpo, come medium più immediato. Al contrario le italiane hanno un modo di comporre ed esporre più legato alla parola, al cervello. Si evince dunque una stratificazione più evidente, legata agli anni, in Italia parliamo già dei Settanta, e sicuramente alla maggiore esigenza che hanno avuto le donne di esprimersi in luoghi pubblici e politici.
Istituto Centrale per la Grafica
Palazzo Poli, via Poli 54, Roma
Apertura al pubblico: 26 gennaio – 2 aprile 2018