E’ visitabile fino al 2 settembre la mostra “Iconoclasti. Lo stile di Raffaella Carrà nell’opera di costumisti e stilisti” presso il Teatro 1 di Cinecittà.

Anche il più accanito spettatore eterosessuale deve provare, credo, un tuffo al cuore nel vedere messi insieme per la prima volta alcuni dei costumi più belli indossati dalla regina indiscussa della nostra televisione, la nostra stella di bandiera, Raffaella Carrà.

Un’operazione nostalgica di grande effetto, certo. Una gioia per gli occhi e per il cuore, una memoria di valore inestimabile per tutto quello che Raffa l’icona ha rappresentato nella storia del costume e della televisione. Ecco, forse mi sarei aspettato che la mostra si soffermasse di più su questi aspetti.

Raffa è un simbolo nazionale: la sua immagine sofisticata, rassicurante e dirompente allo stesso modo, così perfetta nella sua costruzione sociale, è riuscita a scalfire la durezza degli anni di piombo e per diventare un segno di un’Italia unita, il motore di una televisione che aggrega invece di dividere

Gli iconografi sono i maestri che hanno disegnato costumi capolavoro, creando un linguaggio sartoriale unico e originale: Rufini, Colabucci, Sabatelli, Mayer, Pera hanno unito tradizione e innovazione, pailettes, Swarowski, piume, pizzi attingendo dalla tradizione del teatro, della lirica ma anche del mondo del cinema e di Broadway.

Un linguaggio creato e scritto per lo studio televisivo, un nuovo microcosmo fatto di “milleluci”, inquadrature dall’alto e dal basso, prospettive e punti di vista diversi e in movimento, effetti e una televisione che passa dal bianco e nero al colore.

Gli iconoclasti sono gli stilisti che si sono più o meno dichiaratamente ispirati allo stile Carrà in alcune delle loro creazioni: Renato Balestra, Greta Boldini, Luigi Borbone, Mario Dice, Antonio Grimaldi, Giuseppe di Morabito, Guillermo Mariotto per Gattinoni, Leitmotiv, Fausto Puglisi, Marco Rambaldi, Francesco Scognamiglio, Daizy Shely.

Sarebbe interessante analizzare come questo è avvenuto, iniziando da una ricerca su quanto lo stile abbia influenzato proprio la moda di quegli anni in termini di contaminazione più che tributo. Andrebbe poi studiato il fenomeno e la sua straordinaria permeabilità nel tessuto sociale. Lo spunto ce lo aveva già dato Vezzoli in occasione della mostra in Fondazione Prada TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai: “pensavo di trovare la Carrà invece ho scoperto la storia”.

La televisione ha permesso a Raffaella di essere social ante-litteram, ammiccante al punto giusto, svestita senza essere spudorata, conosciuta e apprezzata in ogni regione geografica o sociale, finendo nell’immaginario comune come una di famiglia anche se resta difficile immaginare una cena di Natale con la cugina Raffaella vestita di chiffon, Swarowski e pailettes.

Ci aspettiamo, dunque, che questo progetto espositivo sul fenomeno Carrà possa ripetersi e ampliarsi non per celebrazione ma capire noi stessi, per scoprire come nasce un’icona, così immensa.

Info: Cinecittainmostra