Diciotto anni per un paese come l’Italia dove si diventa maggiorenni, si acquisce il dirtto di voto sono un’età importante.

Quando qualcuno ci lascia ci viene da dire: “Già sono passati diciotto anni?” proprio perché sono il primo vero passaggio della nostra vita.

Oggi 15 luglio, ma del 1997, davanti alla sua villa di Miami veniva ucciso Gianni Versace. Quando ci pensiamo ci viene da dire: “sono già diciotto anni che ci siamo dovuti abituare a vivere senza di lui”.

Ovviamente il Lui pubblico, il Lui stilista, genio, visionario, opulento, classico e moderno, sfacciato e defilato. Il Lui che ha reinventato un sistema, il Lui che ha cambiato le regole del gioco della moda.

Inutile dire chi era Gianni Versace e perché quando viene pronunciato il suo nome ancora oggi lo si fa con la dovuta riverenza e sacralità.

Ovviamente parlo così perché so che chi mi legge ama la moda, chi in maniera più frivola e futile, chi in modo più colto, chi come me cerca di capire attraverso di essa cosa è accaduto, sta accadendo e accadrà.

Gianni Versace ci ha lasciato dieci anni dopo Andy Warhol e in qualche modo come il grande genio della Pop Art è voluto restare nel decennio che lo ha consacrato.

La storia di Gianni Versace ha radici negli anni ’70 – quando crea per Genny, Callaghan e Complice -, sarà uno dei grandi, insieme a Krizia, Ferrè, Moschino e Armani, che hanno “creato” il sistema moda e il Made in Italy negli anni ’80, ma sarà soprattutto colui che fisserà per sempre le estetiche e le regole degli anni ’90.

Le sue supertop, i suoi spacchi, le sue stampe, la sua Magna Grecia, la sua “battaglia” a colpi di creatività contro il conformismo a cavallo tra gli ’80 e i ’90 diventeranno oggetto di adorazione e di forti critiche.

Ricordo esattamente quando, in quel caldo luglio del 1997, l’edizione pomeridiana del tg diede la notizia. Oggi penso che è un “fortuna” sia successo allora e non oggi, con le informazioni iper accelerate, perché si è riuscito a preservare il ricordo e a commemorare uno dei pilastri della nostro patrimonio culturale.

Sono già passati diciotto anni e non importa cosa sia successo dopo. Quello che conta è che ci ha lasciato un’eredità visionaria che nessuno potrà mai portarci via.

A proposito dell'autore

Secondogenito e gemelli: questo la dice lunga sul mio carattere. “Ottantologo”, Pop addicted, nel corso degli anni ho collaborato con diverse testate, tra cui L@bel, Progress e Aut. La moda è la mia passione più grande perché è cultura, è visione sociologica della vita e del mondo. Freitag addicted le vorrei avere tutte. La Rete è la mia seconda casa. Sono dieci anni che il mio avatar è Psikiatria80, nome del mio primo blog, ma anche di tutti i miei profili sui tanti social network.

Post correlati